Premio Pirovano

Come scrivevo nell’ultimo post, il 28 maggio ho partecipato alla cerimonia di assegnazione del premio Pirovano riservato a studi pubblicati sulla storia della Chiesa, istituito con un lascito di un parroco e amministrato dalla fondazione Luigi Sturzo.
Ne parlo perché don Pirovano é stato un altro dei miei maestri che hanno inciso su molti aspetti della mia formazione. Ho già accennato a lui in un precedente post.

ricchezza-poverta
Alla sua morte lasciò un consistente patrimonio, circa un miliardo di vecchie lire, che ha destinato alla valorizzazione degli studi e delle ricerche sulla storia della Chiesa. Si trattava di un patrimonio ereditato dalla famiglia in particolare dal padre, famoso enologo che ‘inventò e brevettò’ un tipo di uva da tavola denominata uva Italia. Qualcuno di noi mormorò chiedendosi se non fosse stato meglio destinare quei soldi ai poveri ma, pensandoci meglio, mi rendo ora conto a più di dieci anni dalla scomparsa che quella scelta fu coerente con la sua vita e il suo pensiero: viveva in modo austero risparmiando anche sul cibo ma non lo dava a vedere anzi esibiva tutti quei piccoli status simbol che possono far pensare a una certa agiatezza.
Già piuttosto anziano, già minato dal cancro ai polmoni tenne alcune lezioni che finirono in un libro, sulla questione del denaro e della ricchezza nella chiesa e della povertà come scelta di vita. Non era un pauperista, piuttosto poteva apparire su questo versante un ricco calvinista lombardo per il quale anche la ricchezza va meritata e accresciuta perchè è un segno della benevolenza di Dio. L’operosità, l’intelligenza e il successo del padre enologo dovevano essere valorizzati usando bene e fruttuosamente il patrimonio che aveva ereditato e ritenne alla fine che la migliore utilizzazione fosse finanziare lo studio e la ricerca sulla storia della Chiesa. Questa scelta era coerente con la sua cultura storica attenta alla modernità, forse anche al modernismo, alla raffinatezza degli studi più adatta a un’aula universitaria che ad un oratorio di una periferia romana.
Quel poco o tanto di cultura di sinistra, antifascista e laica che mi appartiene l’ho respirata in parrocchia, i miei professori di liceo erano tutti entrati in ruolo sotto il fascismo o giovani aderenti al movimento sociale. Solo per un anno avemmo un supplente di filosofia di chiara formazione laica. Tutti centravano la strutturazione della nostra cultura sui classici latini e greci con un approccio alla contemporaneità che però arrivava pudicamente e con qualche reticenza al fascismo e alla seconda guerra mondiale. È stato nel circolo studentesco parrocchiale che avemmo accesso ad autori contemporanei come Calvino, Alvaro, Bernanos, Steinbeck, Cronin, Bedeschi, Buzzati, Levi, Ginzburg, Silone, Mounier e tanti altri intellettuali i cui volumi erano ben costuditi in un armadio chiuso fuori dalla vista del parroco che avrebbe forse preferito una biblioteca piú ricca di letteratura edificante sulle vite dei santi. (don Pirovano era un giovane vice)
Molti altri ricordi si sono affollati nella mia mente mentre ascoltavo le due conferenze che hanno presentato i due libri vincitori, il primo sui rapporti tra la Chiesa e il fascismo agli albori, alla nascita del movimento e il secondo sui conventi femminili del VI e VII secolo.
Cito qui due sole riflessioni che mi hanno riportato alle cronache di questi giorni.
La questione della povertà e della ricchezza assume oggi significati e implicazioni del tutto nuovi, il primo e fondamentale è che la ricchezza non cresce piú facilmente per tutti e che la ricchezza è sempre meno legata al valore del lavoro, piú legata al potere di ricatto di posizioni dominanti. Sulla questione sta prendendo il sopravvento da un lato l’invidia per l’altro, anche per chi è piu povero, e dall’altro la paura di perderla.
La seconda riflessione riguarda la questione delle generazioni che si succedono: noi avemmo la fortuna di avere molti maestri non solo a scuola ma anche in altre agenzie formative piú o meno spontanee, la parrocchia, i boy scout, la sezione del partito, il circolo sportivo, in questi ultimi tempi sembra che la scuola sia rimasta isolata da sola a difendere una educazione culturalmente ricca, insidiata dalla devastante omologazione della televisione commerciale e dall’isolamento solipsistico della rete. Non per niente grandi leader dei nuovi movimenti sono ex comici.



Categorie:Cultura e scuola, Riflessioni personali

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