Il venerdì della 7 ormai è una serata ad alta densità politica, prima Crozza che ci delizia con analisi e ricostruzioni senza pari, poi Mentana con il suo Bersaglio Mobile. Ieri sera la Leopolda faceva da sfondo a partire dalla rubrica di Floris delle 8,30.
Ho capito due cose della Leopolda5, di questo minestrone riscaldato che ci viene riproposto: è un evento che deve fissare e celebrare l’aura di invincibilità del capo che ha condotto le sue schiere alla vittoria delle europee e che schiaffeggia burocrazie nostrane ed europee, è un evento che consente a nuovi adepti di salire sul carro del vincitore e prefigurare un nuovo soggetto politico che potrebbe soppiantare, se ce ne fosse bisogno, il vecchio PD, se questo dovesse diventare un inutile impaccio per il giovane capo triunfans.
Per il resto sarà una kermesse condita con belle presenze, piene di entusiasmo e di positività, un profluvio di soluzioni semplici per problemi complessi e difficili, una elaborazione che proporrà un nuovo e più condito minestrone da proporre agli italiani per le prossime settimane.
Ma, mentre osservavo queste cose, riflettevo anche sulle persone, su questi politici che cambiano casacca ad ogni stormir di fronda, che hanno anche la presunzione di accreditare le loro scelte come sagge ed intelligenti (certamente per il loro futuro e per la loro pensione lo sono). Sarà bene tenerli a mente questi personaggi (Migliore, Romano, Nesi …. ) perché sarà il nostro voto a decidere i loro vitalizi.
Poi ho osservato Civati che è stato il protagonista della trasmissione di Mentana. Vederlo molto più giovane al fianco di Mattia alla inaugurazione del primo Leopolda e vederlo ora dice molto degli effetti della smisurata ambizione di uno dei due Dioscuri. Quell’avventura collettiva è diventata un’avventura di un uomo solo che, capace di manovrare con forza e determinazione e senza l’ingombro di vecchie ideologie, sta aggregando intorno alla gestione e la spartizione del potere schiere di apine laboriose pronte a tutto pur di essere della partita. Civati in quattro anni ha dismesso l’espressione dolce del giovane intellettuale per assumere quella del politico rampante ma perdente che senza un gran seguito e nel pieno della contraddizione di una perseveranza in un partito che non sente più suo, ha una espressione a volte dura e determinata, a volte pensosa e leggermente rassegnata. Anche lui dovrebbe salire sul carro di qualcuno o avere il coraggio di attrezzare un nuovo convoglio da guidare nel mare tempestoso della crisi.
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