Ieri sera ho rivisto L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi nel giorno della sua morte. Sarà l’età ma non ho trattenuto le lacrime: un affresco di un’Italia sparita fatto di coralità, di coraggio, di ferma speranza, di lavoro, di amore e di solidarietà. Rivederlo mentre spariva anche l’autore dell’opera, rivederlo alla fine di una giornata convulsa in cui l’Italia attuale ricca e sazia rottama gli ultimi simboli della sua capacità di convivenza, rivedere quelle immagini livide, gelide, umide intervallate dalle pubblicità patinate dei SUV attuali mi ha profondamente scosso e mi ha fatto pensare.
L’immagine finale della famigliola licenziata in tronco ed sfrattata da casa nel giro di poche ore che silenziosamente parte per un futuro ignoto ed oscuro mi è sempre rimasta impressa ma questa volta, a rivederla, non mi è sfuggito il bimbo, al quale il babbo aveva fatto gli zoccoli rubando un pezzo di un albero, che mentre i genitori caricano il barroccio con i pochi mobili che possiedono, continua a fare i compiti prima di partire. L’Italia evolverà e diventerà ricca con quella famigliola espulsa dalla campagna perché il padre ha fatto gli zoccoli perché il figlio andasse a scuola e perché farà qualsiasi cosa per assicurare un’istruzione a suo figlio.
Torno ai giorni nostri, alle nostre case riscaldate e condizionate, ai nostri frigoriferi pieni, alle nostre strade invase dello spreco dell’immondizia.
Due giovanotti che nella vita non hanno mai lavorato, non si sono mai cimentati nella ricerca di un lavoro e nella competizione di un concorso pubblico o privato ora sono i giocolieri di un gioco al massacro che, per nascondere il vuoto di una ipotesi di governo realizzabile insieme, si inventano proclami, sfide e minacce sulla pelle di un paese in cui la disperazione cresce a vista d’occhio anche nelle classi più abbienti.
Da giovani immaturi sanno solo ributtare sugli altri le proprie responsabilità, sicuri che il popolo è come un pesciolino rosso che dimentica immediatamente ciò che ha fatto poco prima.
Dopo aver concordato la spartizione degli emolumenti della cariche in Parlamento ora concordano la data delle elezioni prima che il Presidente faccia le sue dichiarazioni pubbliche sulle sue scelte per il nuovo governo. In questi due mesi avete capito bene quale sarebbe stato il programma di un governo a maggioranza grillina + CDx o grillina + Lega? Non una parola, nemmeno una riunione, solo dichiarazioni roboanti all’uscita dai ristoranti con la panza piena.
Un altro giovanotto per bene ha provato a dialogare e a dire che si poteva discutere dei temi ma qualche ora più tardi il mastino napoletano (travestito da bracco) ha precisato che comunque non si chiedeva una transazione per discutere cosa fare ma di firmare un contratto per fare le cose già scritte dal programma edulcorato da Giacinto della Cananea e per appoggiare un governo totalmente pentastellato. Così in due mesi nessuno ha discusso della cose da fare. Anzi per due mesi il Parlamento è stato di fatto inattivo ed i parlamentari costretti al silenzio dalla disciplina di partito o dal contratto con la propria Srl. Questi manco si conoscono tra membri dello stesso gruppo vuoi che scambino pareri ed analisi con avversari odiati e vituperati. In un sistema proporzionale che i 5S hanno a lungo proposto in Parlamento contro le proposte renziane di maggioritario, le maggioranze si formano in Parlamento dove i rappresentanti del popolo si parlano e sovranamente e liberamente scelgono in nome del popolo che li ha eletti.
Dietro dichiarazioni roboanti e minacciose da parte di leader del nulla c’è una realtà fatta di disperazione, di irresponsabilità, di paura. L’esatto contrario del sentimento prevalente nei contadini dell’albero degli zoccoli.
Salvini, il più guascone di tutti, non ha avuto il coraggio di fare l’unico governo possibile con i numeri, un governo 5S e Lega. Il sospetto lo avevo che non avesse i coglioni. Sa bene che senza Berlusconi vale al massimo il 20% e non può competere con i 5S che hanno un 25% consolidato. Abbaia ma il guinzaglio dei soldi, delle reti televisive e dei giornali è in mano al barone di Arcore. Peggio sarebbe fare un governo minoritario di destra con voti racimolati con i soldi di Berlusconi (ancora una volta) per cui l’alea delle nuove elezioni è l’alternativa meno peggio a sua disposizione. Paura, nessuna speranza di avere vantaggi lavorando con i 5S, irresponsabilità, chi se ne frega del bilancio, dello spread degli equilibri geopolitici.
Di Maio simmetricamente recita una parte molto simile, sicurezza, forza, decisionismo, idee chiare ma sotto sotto sa bene che nella sua congrega lui non controlla i click degli iscritti, che nel volgere di poche ore il suo destino potrebbe cambiare perché a Milano hanno deciso che lui non è più un cavallo vincente. Il profeta genovese deve cancellare la sacra regola dei due mandati perché lui possa essere certo di pagare il mutuo. Il mastino napoletano, travestito da bracco agile e scattante, regge bene ma il Che Guevara de noialtri spara a zero, alza i toni, azzanna senza dover rispondere di nulla, non è in Parlamento, è pronto a firmare nuovi contratti con il suo finanziatore, il padrone della Mondadori. Il mastino napoletano per il momento ha un guinzaglio lento e lungo e intanto rassicura i suoi parlamentari, che vuol rimandare a casa troppo presto, dicendo che le liste saranno cristallizzate rispetto alle recenti elezioni. Così pensano di aumentare i voti? Anche in lui mentre sceglie pappagallescamente le elezioni mettendo a repentaglio il buon vantaggio che ha ora è sovrastato dalla paura irresponsabile e disperata.
Questi sentimenti sono comuni anche ai Piddini, anche a Renzi? temo proprio di sì. Il PD è chiaramente attanagliato dalla paura di sparire, dalla sensazione che santi a cui votarsi con ci siano più, hanno bruciato sistematicamente i loro padri e i loro fratelli maggiori ora balbettano buone idee e candidi proponimenti senza il coraggio di chi si assume le proprie responsabilità. Renzi sperava di fare il senatore della Repubblica seduto sul suo scranno quasi fosse un antico senatore romano o un senatore americano. Ora se si va alle elezioni, Martina conservando la chiave della stanza da segretario potrebbe fare qualche brutto scherzo nella redazione delle liste e la coorte renziana potrebbe assottigliarsi pericolosamente. In questi giorni il buon Matteo il gradasso avrà sentito battere alla porta il destino che cambia spesso le carte in tavola. Nuove elezioni con chi, tempi brevi, ha tempo per lanciarsi come il nuovo Macron? Potrà continuare ad impersonare l’impavido gradasso di questi anni? È merce ancora spendibile in una paese attanagliato dalla paura di un futuro senza speranza in cui prevale la irresponsabilità di adulti infantili?
Sì perché i disperati, gli irresponsabili i pavidi siamo noi.
Categorie:Politica
Rispondi