Minenna for president

Ho ascoltato in diretta la dichiarazione di Matteo Salvini all’uscita dell’udienza dal Presidente. L’accordo sul programma ancora non c’è, ci sono problemi irrisolti che devono essere discussi per cui chiedono ancora tempo. Questo prima ancora di arrivare alla questione del nome del primo ministro.

A questo punto il gioco è quello di evitare di rimanere con il cerino in mano ed essere pronti a trarre vantaggio elettorale da un eventuale insuccesso.

Salvini mi è apparso più convincente e sincero, chiaro ed esplicito senza giri di parole. Di Maio ha fatto una dichiarazione recitata e poco trasparente accennando alla questione del nome che ci sarebbe ma che non può rivelare come se tutto il resto, il programma, fosse risolto con il testo depositato dal commercialista.

Tra i due è apparsa una differenza abissale, il primo in crescita con alle spalle un partito che nonostante tutto è radicato in un vasto territorio da quasi trent’anni e che esprime una forte leadership personale, il secondo il prodotto di un esperimento di ingegneria sociale che ha catalizzato una forza elettorale del 25% attraverso una varietà di proposte  spesso contraddittorie per accontentare una platea di elettori trasversale ma per ciò stesso instabile.

Nelle due dichiarazioni rese separatamente, volutamente distensive, ma cariche di tensione vi era la prova che questo matrimonio non si riesce a combinare anche se il celebrante non è un Don Abbondio ma un padre Cristoforo che vuol far di tutto perché si abbia un esito felice.

Nella tribuna della Gruber, poche ore dopo, tre grandi direttori hanno subito cominciato ad intrugliare cercando di rimpallare il problema sul Presidente e sulla sua legittima intenzione di metter bocca sulla squadra di governo e sui vincoli di bilancio che non possono essere derogati. Tra l’altro Mieli dice però una cosa molto sensata: ricorda che il Rosatellum funziona come una legge maggioritaria se una lista o una coalizione raggiunge già solo il 40% e che se fosse confermata la sentenza di riabilitazione di Berlusconi e se Salvini uscisse da queste trattative a testa alta riaffermando la propria linea in modo intransigente quel 2% mancante il 4 marzo sarebbe facilmente raggiunto in nuove elezioni che il CDx vincerebbe alla grande ottenendo da solo la maggioranza assoluta in Parlamento.

In queste ore al diavolo i programmi la questione è solo questa: come sfilarsi senza perdere voti anzi guadagnandoli? Il Cavaliere nero continua a muovere le sue pedine. David il lombardo ha pronta la soluzione dei click. Sergio il paziente ci sperava di poter aiutare i due ragazzi ma ora dovrà affrontare lui la burrasca, è lui il vero capitano.

Se, come è probabile, il tentativo fallirà ci saranno tre capri espiatori: il presidente che ha brigato per fare il suo governo personale, l’Europa con la finanza giudaico massonica e il PD renziano. Nessuno ammetterà che le due impostazioni politiche erano inconciliabili e che non c’erano le risorse economiche  per realizzare il libro dei sogni che i due giovani comparenti avevano stilato per il bene dell’Italia. Sì perché per imbandire il pranzo di nozze occorreva andare dagli strozzini e firmare altre cambiali.

Così andremo ad un governo del presidente e ad elezioni anticipate.

E qui arrivo al titolo del mio post.

Sabato scorso, complice un po’ di febbre, ho acceso la tv di mattina ed ho seguito per un po’ Omnibus in cui si discuteva della parte economica dell’accordo di governo 4S e Lega in particolare sulla flat tax.

Era presente Marcello Minenna, economista ex assessore al bilancio al comune di Roma con il commissario Tronca, confermato per alcuni mesi dalla Raggi. Un esempio di competenza, di simpatia, di semplicità, di chiarezza espositiva, di magnetismo telegenico, ho pensato che sarebbe bello se questo signore diventasse presidente del consiglio e ci rappresentasse in giro per il mondo.

In poche battute chiare ed efficaci Minenna ha smontato le due promesse economiche dei due comparenti: reddito di cittadinanza e riduzione delle tasse si giustificano per incentivare i consumi, come già aveva tentato Renzi con gli 80 euro e le varie mance elargite ai diciottenni o a certe categorie. Ma il nostro problema è la bassa crescita produttiva e questa non si ottiene se non investendo di più nella produzione, si tratta di investire di più non di consumare di più. E in poche battute fa un semplice esempio: nelle banche gli italiani conservano 1000 miliardi liquidi, se i risparmiatori fossero convinti con appositi incentivi fiscali ad investirne solo il 5%, si avrebbero 50 miliardi per finanziare opere pubbliche e imprenditoria produttiva. Tutto ciò senza fare debito pubblico. Cita i PIR …. non entro nel dettaglio della proposta osservo solo che in giro ci sono persone capaci di formulare un’idea, di comunicarla e probabilmente di realizzarla.

Quindi caro Presidente Mattarella, se mi leggi, tiene conto del dott. Minenna, potrebbe essere una bella sorpresa per un governo non eletto dal popolo.



Categorie:Economia e finanza, Politica

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