Ieri ho dedicato un po’ del mio tempo alla direzione del PD trasmessa in streaming su Facebook. Ero ancora in isolamento da Covid e quindi non creavo danni se occupavo così il mio tempo. Alcune riflessioni forse superficiali che però sono il seguito di quanto sostenevo nell’ultimo post.

Non un sorriso, clima austero e teso con un Letta isolato al tavolo della presidenza a prendere appunti. Formali cortesie e riconoscimenti ma la guerra fratricida è aperta per spolpare quanto c’è da spolpare di un organismo che rischia di decomporsi dopo la batosta elettorale. Tutte le analisi sono sensate e condivisibili sono però espressione di posizioni personali che poco si connettono con le posizioni degli altri, forse perché non bisogna dare l’impressione che le correnti siano già schierate. Insomma, alla fine un po’ di amaro in bocca.
Come sempre mi accade, allora ho cominciato a pensare a ciò che farei io, cosa direi se fossi il consigliere del segretario.
Cinismo al potere
Smettete di considerare il partito come fosse una comunità coesa, una comunità di individui che condividono valori, scopi e stili di vita. Non è una chiesa ma una organizzazione, una struttura che ha dei ruoli e delle funzioni ben precisi dettati dall’esterno da una realtà sociale che si trasforma ed evolve e che difficilmente si fa addomesticare. La funzione fondamentale di un partito è di selezionare il personale che farà da rappresentante nelle istituzioni elettive in nome di un gruppo sociale determinato, è una macchina per sistemare tanti individui che sperano di far carriera nelle politica. I ritmi delle scelte di questo organismo sono fissati dalle tornate elettorali che ormai si ripetono in continuazione; un vero ufficio di collocamento che in continuazione deve formulare proposte di programmi, selezionare liste di candidati adatti a ciascun contesto specifico, promuovere presso gli elettori questi prodotti. Non ho la più pallida idea di come siano organizzati i partiti al loro interno, di come lo sia il PD, quanto contino graduatorie interne, benemerenze, titoli accademici, telegenicità, pacchetti di voti … insomma di come si emerge, si entra in lista e si viene eletti. Ma siccome il modello di fondo che molti avevano in testa fondando il PD era una chiesa si è pensato che fosse decisiva la figura del capo, del leader che avesse una forte investitura popolare attraverso i gazebo aperti a tutti, anche ai non iscritti. Dopo quindici anni abbiamo la prova che quella scelta era stata fallace e del tutto controproducente man a mano che il tempo decomponeva gli entusiasmi iniziali e la motivazione antiberlusconiana. Renzi ha cavalcato e scavalcato le procedure delle primarie per affermarsi come segretario e ha lasciato un segno, una ferita tuttora sanguinante sulla funzione del segretario. Abolite le primarie per il segretario!
Siccome i tempi delle scelte sono dettati dalla realtà, come questi ultimi tre anni hanno dimostrato, l’organizzazione deve sistematicamente elaborare proposte concrete specifiche per ogni nuovo problema si presenti a tutti i livelli. Proposte scritte, firmate dai comitati di competenti che le hanno elaborate, datate e aggiornate nel tempo in modo che, se il Parlamento viene sciolto in anticipo, il programma elettorale sia sempre pronto e accessibile a tutti. Solo così è possibile in poche settimane fare alleanze e comporre maggioranze per i futuri governi con altre forze politiche in cui siano verificabili similitudini e differenze: per non ripetere la brutta esperienza del campo largo svanito in pochi giorni.
Dotate il partito di un organo di stampa, almeno un settimanale, meglio un foglio quotidiano, per pubblicare testi di cronaca politica redatti da giornalisti professionisti, membri del partito e simpatizzanti esterni. Avrà un costo ma su questo non si può risparmiare. Le riviste online non sono la soluzione del problema né bastano i volantini ben confezionati in carta patinata, servono testi facilmente leggibili ma che siano robusti, diffusi capillarmente almeno tra gli iscritti.
Trovate il modo di fidelizzare chi è stato eletto nelle vostre liste, troppi sono coloro che se ne vanno dopo cariche importanti e ben remunerate con risentimenti e rancori. Riservate una tribuna interna a tutti coloro che hanno avuto una funzione dirigenziale dentro il partito oppure ve li trovate sulla tribuna opposta a farvi le pulci.
Lasciate perdere questioni esistenziali ed identitarie, identificate uno o più gruppi sociali da rappresentare e rappresentate quelli con coerenza, se è il ceto medio non vergognatevene, se scoprirete che difendere il ceto medio implica lottare contro il lavoro precario e lo sfruttamento dei giovani, fatelo sapendo che difendete interessi e non aulici valori. Se capite che l’immigrazione ha un valore economico per un sistema che altrimenti non regge difendetela e integrate i nuovi lavoratori lasciando stare i principi etici, non siete il Papa.
Mi rendo conto che questo testo rischia di essere uno sfogo solipsistico, tuttavia riflette uno stato d’animo coerente con molte posizioni che ho assunto in questi anni.
Categorie:Elezioni politiche 2022, Politica
Bene
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da Francesco De Palma
Alcune considerazioni sparse sul tuo post … 1) Senza primarie il PD non esiste, si scioglie, diventa qualcos’altro. Le primarie hanno permesso di esprimere leadership forti (Prodi, Veltroni, Renzi, anche se a te non è piaciuto), ma queste leadership sono state combattute dalle seconde file; sono queste che vanno abolite, non le primarie, che danno fastidio alle mezze calzette, ai Franceschini, agli Orlando, ai Provenzano. Inoltre le primarie hanno sempre costituito un grande momento di adesione, ed è questo che serve al PD e a ogni partito, un’adesione forte, popolare. Senza primarie il PD diventerà un PS più grande e come il PS verrà spolpato dai Macron (Calenda) e dai Melenchon (Conte) … 2) D’accordo invece sul fatto che il PD è ormai espressione dei ceti medi. E va bene così. Se le periferie si sentono rappresentate da Salvini e Meloni, che dire? peggio per loro; se si sentono rappresentate da Conte bisognerà farci un’alleanza (come avviene in mille comuni e regioni) … 3) Non lo dici, ma ho sentito anch’io, in parte la Direzione: Letta ha fatto un piagnisteo sul fatto che fino alla guerra la gente seguiva il PD, era razionale, amava Draghi etc. Mi permetto di dubitarne, ma allora la guerra c’entra (mentre tutti dite di no), allora andava rassicurata la gente con parole e gesti di pace, allora bisognava piantarsela di far fare a Guerini il primo atlantista della classe
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a Francesco De Palma
Intanto grazie per l’attenzione che continui a riservarmi. Come accade sempre quando si analizza una realtà molto complessa basta cambiare di poco il punto di vista che tutti hanno un po’ di ragione. E se le primarie fossero riservate agli iscritti cosa succederebbe? In fondo è quello che fanno i 5 stelle o i Tories inglesi. Il vero grande problema è il peso dei media e dei giornali, l’iperdemocrazia di questi tempi è un rischio come queste elezioni dimostrano. I casi che tu citi dimostrano che quelle primarie furono delle celebrazioni, delle investiture alla conclusione di un processo interno all’area che aveva identificato il leader. Nei tre casi citati però i tre personaggi ora sono lontani dal partito che avevano ‘cavalcato’. Sugli effetti della guerra sul consenso verso il centrosinistra è ovvio che il trauma psicologico e pratico degli eventi ha modificato le teste e i cuori degli elettori. Quando dico che un partito deve mettere per iscritto le sue risoluzioni e i suoi intendimenti aggiornandole al verificarsi degli eventi. Basta con i balbettii di fronte ai microfoni per strada, occorrono posizioni articolate e chiare eventualmente da smentire e da correggere. Certamente questi aspetti legati alla guerra sono stati punti deboli della leadership di Letta non per nulla Conte, che è ben consigliato cavalca questo tema per stanare i PD che rischiano di appiattirsi sulle posizioni della Meloni, e detto tra noi non è detto che sia tanto male …
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da Francesco De Palma
E’ vero, infatti erano primarie di area … Ma credo che un PD correntizio che eleggesse un segretario di sintesi (un po’ come avveniva per la DC), che so, un Damiano, un Cuperlo, una De Micheli, una Serracchiani, sarebbe davvero poco attrattivo per i nostri tempi … Poi grazie a te che mi rispondi …
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a Francesco De Palma
Nel mio testo dico di non fare le primarie per eleggere il segretario ma è ovvio che queste sono lo strumento fondamentale per identificare la figura di un candidato sindaco o del candidato presidente di regione o del candidato PdC se si arriverà alla riforma presidenziale. In questi casi se rimane l’attuale parcellizzazione degli attori politici è l’unico sistema per gestire processi di aggregazione tra forze diverse. Se vogliamo valorizzare l’apertura del PD senza la sclerosi delle correnti si potrebbe procedere ad elezioni dirette riservate ai soli iscritti, non è che l’online è impraticabile perché lo usano i grillini!
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da Luciano Cecconi
Caro Raimondo, sono d’accordo anch’io che dal PD bisogna ripartire. Nonostante la consapevolezza che la distanza che mi separa da questo partito negli ultimi anni sia andata aumentando (dal momento in cui Renzi si è insediato). Sono stati fatti molti errori ma questa è l’organizzazione che c’è. Sono dell’idea che il segretario debba essere eletto dalla sua comunità, cioè dagli iscritti, e ciò deve avvenire come compimento di un congresso in cui si confrontano idee e programmi concreti. Le primarie, anche aperte, eleggono i candidati premier. Quindi ora un congresso vero che sia anche l’occasione per un indispensabile ricambio generazionale (ma prima i programmi e poi l’atto di nascita, la Serracchiani insegna, ma anche l’idiozia strumentale della rottamazione). Programmi sintetici, chiari e per punti: lavoro, diritti, welfare, esteri).
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da Tommaso Iorio
Nella vecchia DC le correnti funzionavano pur di gestire il potere …Altri tempi! Vi era una società più coesa e ben identificabile tra classi e ceti sociali. Oggi la struttura della nostra società é ampiamente frantumata con 2 sole eccezioni: la categoria degli emarginati, spesso disinteressati al voto e quella degli emarginati-disperati spesso impediti o esclusi dalla vita civile.
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a Tommaso Iorio
Non so dire se effettivamente la coda meno fortunata della società sia omogenea e coesa né so dire se la variabile decisiva sia il livello di reddito. Sono convinto che media e giornali giochino un ruolo fondamentale nella formazione dei movimenti di opinione trasversalmente alle differenti condizioni economiche dei singoli e delle famiglie. Le democrazie parlamentari e conseguentemente i partiti politici come possono sopravvivere al potere di chi detiene la gestione del consenso? Nelle analisi di questi giorni nessuno cita come decisivo in questo trentennio il ruolo delle televisioni di Berlusconi, queste hanno plasmato la testa degli elettori, come dicevo, ora la cosa non funziona più per il suo partito Forza Italia ma continua a funzionare per la coalizione di centrodestra che tiene nonostante tutto, non per nulla dall’impero di Berlusconi deriva quello dell’editore Cairo che accorpa la ‘7, il Corrierone e una miriade di riviste patinate a poco prezzo. Dall’impero di Cairo scaturisce il carburante per la sopravvivenza dei 5 stelle che impediscono alla sinistra di vincere con questa legge elettorale pensata per una struttura bipolare dell’elettorato. Leggendo qualche libro sulla Russia di Putin questo ruolo decisivo della televisione e della stampa per la creazione del potere della cerchia che comanda in Russia appare del tutto evidente. Insomma gestire la transizione del PD in questo contesto non sarà facile per nessuno e le mie ideuzze sono solo un esercizio per conservare qualche speranza per il futuro.
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