Un amico su FB così commenta il post precedente.

Maurizio G.: Ridurre i consumi? Non è una soluzione. L’economia moderna si basa proprio sui consumi, che se diminuiscono a cascata si ferma tutto il meccanismo.
La diminuzione delle tasse, infatti, ha proprio lo scopo di ridare slancio ai mercati, che una volta rimessi in moto porterebbero nuova linfa agli incassi dello Stato, compensando il mancato introito, anzi incrementando le entrate. È già stato fatto, negli USA di Reagan, per esempio, e ha funzionato. Non è un sogno o una promessa elettorale, ma una legge economica.
Ho promesso una risposta nel merito di questa tesi. Non ripeto quanto ho scritto tempo fa nel post Acceleratore freno volante. Ora la Meloni è al volante e deve usare con accortezza l’acceleratore e il freno, nel caso delle accise sui carburanti il governo sta frenando ma non ha inchiodato e penso che la macchina non dovrebbe sbandare. Non ripeto quanto scrivevo in quel lungo post ma forse qualcosa vale la pena di aggiungere o di ripetere.
La destra sostiene da sempre che le tasse sono un ostacolo alla crescita economica e che la possibilità individuale di arricchirsi è il vero volano dello sviluppo e della crescita generale della ricchezza. La sinistra pensa che senza lo Stato in una economia lasciata solo al libero mercato la ricchezza generale non aumenta ma si concentra e aumentano solo le differenze tra strati sociali e alla lunga la stessa sommatoria della ricchezza diminuisce. La crescita della ricchezza dipende da tanti fattori, il clima e la quantità di cibo disponibile, le scoperte di risorse materiali come ad esempio nuovi giacimenti di carbone o di petrolio o di minerali utili alla costruzione di nuove macchine, le invenzioni e le innovazioni tecnologiche … tutte cose che non hanno nulla a che fare con i consumi, i consumi sono un indicatore di ricchezza ma non la causa della ricchezza. I consumi sono però la variabile su cui si calcola il PIL che è un indicatore della ricchezza di un paese, un bel garbuglio come si vede, un circolo vizioso.
Nel post citato sopra sostenevo che l’attuale inflazione si fosse innescata per due circostanze concomitanti: l’euforia della fine della pandemia, delle restrizioni contro il contagio e la disponibilità di una massa monetaria eccessiva per effetto dei bonus che in tutto il mondo gli Stati avevano riconosciuto a famiglie e imprese. Per i carburanti l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e le conseguenti sanzioni economiche hanno determinato una penuria di materie prime che la Russia stessa ha pilotato per danneggiare tutto l’Occidente. C’è una inflazione fisiologica che in Europa è convenzionalmente fissata intorno al 2% e che stabilizza il valore della moneta e la crescita dell’economia generale. Per qualche anno dopo le recenti crisi finanziarie, l’economia ristagnava e a tassi di crescita del PIL troppo bassi le banche centrali finanziavano il debito degli Stati stampando moneta (USA RU JAP) o comprando i titoli di debito (EU) ma nel momento in cui la crescita dei prezzi è stata eccessiva occorreva frenarla o arrestarla perché da un iniziale stimolo alla dinamica dell’economia era diventata un incendio distruttivo che bruciava risorse e capitali. In questi casi per frenare e spegnere l’incendio si cerca di ridurre ciò che la determina, la quantità di moneta disponibile. L’aumento del tasso di sconto serve a drenare moneta dal mercato attraendola in impieghi non consumistici o in risparmio.
Se per frenare l’inflazione occorre drenare la moneta dal mercato un modo è anche quello di stabilizzare il drenaggio fiscale: se il governo avesse eliminato il prelievo sui carburanti il risparmio per i cittadini si sarebbe tradotto in altri consumi di altri beni o degli stessi carburanti infiammando ulteriormente l’inflazione. E’ vero, il prezzo dei carburanti si ripercuote su quello dei beni della filiera produttiva che lo utilizza ma la sua riduzione per lo sconto fiscale non è detto che si sarebbe ritrovata nelle riduzioni dei prezzi a valle: nessuno rinuncia ad aumentare i prezzi in un periodo di inflazione in cui tutte le sere i TG ci raccontano che tutti i prezzi aumentano: ci deve essere una resistenza da parte dei consumatori dettata proprio dalla necessità di contenere le proprie spese. Capisco che la vita di Giorgia non sia diventata facile.
Nel caso dei carburanti c’è pero un aspetto peculiare che occorre tener presente: questa penuria è la prima avvisaglia di quanto nel giro di qualche decennio sarà una realtà molto dura. I carburanti fossili sono in quantità limitata e prima o poi finiranno e sarà fisiologico che gradualmente costino di più e che quanto accade ora in cui usiamo l’auto come fosse un ombrello i costi saranno necessariamente molto più alti e sarà impossibile che lo Stato intervenga con bonus a debito come succede adesso. Ricordo che, se non ho capito male, lo Stato riconosce già alle imprese un credito di imposta del 35% sui costi del carburante, cioè lo Stato ‘finanzia’ il 35% di quanto le imprese spendono per i carburanti. Ovviamente tutti pensano che questi sconti e questi bonus siano provvisori fintanto che l’inflazione rimane troppo alta, ma per quanto tempo questo sarà possibile? quanto crescerà il debito pubblico nel frattempo?
Rispondo allora al mio amico Maurizio G. e dico che bene ha fatto la Meloni a tener duro su questo punto e male fa l’opposizione a schierarsi come Salvini dicendo che era necessario abbassare le Accise proprio ora.
Continuo a non capire e non sapere come si stia gestendo le bollette della luce e del gas, ho però capito come fanno i tedeschi: lo Stato interviene a calmierare il prezzo di una quantità di energia pari all’85% di quando consumato lo scorso anno mentre per la parte restante si applica il prezzo fissato dal mercato. Se non vuoi spendere di più devi ridurre i consumi del 15% altrimenti paghi.
Sì perché per frenare la crescita di prezzi di un bene determinata della penuria di quel bene l’unico sistema è di ridurne il consumo. E’ quanto è già successo con il gas per il riscaldamento, a causa di un inverno mite e grazie a numerose iniziative prese dai nostri governi ne stiamo consumando meno e il prezzo è letteralmente crollato a livello pre crisi. Una buona ragione per assumere tutti noi uno stile di vita che riduca il consumo di carburante.
Categorie:Economia e finanza, Politica
condivido le tue conclusioni.
manca nel tuo interlocutore del tutto, ma forse un pochino anche a te, e in particolare è del tutto assente nell’insieme del nostro ceto politico, la consapevolezza che siamo in un collo di bottiglia storico e che la crescita ulteriore dei consumi sta determinando la catastrofe ecologica e minaccia la fine stessa della specie umana.
ridurre i consumi non è soltanto la risposta più ovvia all’aumento dei prezzi del momento dovuto a esiti del covid e alla guerra contro la Russia, ma una prospettiva strategica urgente; si tratta di ridefinirli e riqualificarli, in maniera che questo non determini un peggioramento drastico delle condizioni di vita e l’aumento della povertà diffusa.
e in questo quadro occorre una politica fiscale opposta a quella che sta facendo questo governo: redistribuire la ricchezza che c’è, piuttosto che mirare all’obiettivo sempre più difficile e suicida di aumentarla ancora.
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