Questa mattina la mia amica Renata mi ha ricordato che oggi cade l’ottavo anniversario della morte di un nostro comune maestro Aldo Visalberghi.
Nelle chiacchiere di ieri sull’educazione e sul linguaggio con il mio amico ispettore, per un po’ abbiamo parlato anche di Aldo Visalberghi dopo aver evocato la figura di Terracini presidente dell’assemblea costituente. Entrambi avevano una grande capacità di parlare come se stessero leggendo un testo scritto e lungamente limato. Umberto Terracini venne all’Arangio Ruiz, nella scuola in cui insegnavo negli anni settanta, e tenne una lezione – conferenza in aula magna agli studenti. Ricordo ancora il silenzio teso ed attento di ragazzi tutt’altro che liceali rapiti da un eloquio da politico colto che muoveva l’intelligenza e il cuore. Così anche Visalberghi con l’eloquio di un docente universitario riusciva a catturare l’attenzione di noi giovani docenti ed accendere curiosità e nuovo impegno. Un generazione che ci ha lasciato e della quale non sempre ci sentiamo degni.
Traggo dal post dello scorso anno quanto dicevo di Aldo Visalberghi.
Ricordo di un maestro di vita, di studio e di lavoro.
Lavorava moltissimo, era infaticabile e non diceva mai di essere stanco. Per tre anni facemmo la spola a volte sullo stesso treno con Milano per lavorare ad una collana di libri di testo per la scuola media della Ghisetti e Corvi. Leggeva tutto trasversalmente ma con accuratezza nei punti che riteneva più significativi e problematici. Non gli sfuggiva niente e ricordava i punti problematici su cui bisognava riintervenire con delle riscritture. Leggeva i nostri testi come per imparare, con curiosità anche risolvendo semplici esercizi di matematica per la scuola media. Si lavorava fino a sera tarda, si prendeva il ‘tutto letti’ della notte per tornare a Roma e la mattina di corsa a casa per prepararsi per la giornata all’università, profumato e impeccabile.
Mi ha educato ad essere rispettoso, per lui non era sufficiente essere tolleranti: ricordo come fosse adesso quando andai a metterlo in guardia rispetto a collaboratori che a mio parere stavano remando contro le cose che stava facendo faticosamente al CEDE. Mi rispose che sapeva benissimo ma che occorreva rispettare gli altri anche quando ti remano contro, bisognava capire le buone ragioni dell’altro e nutrire rispetto per tutti. Furono molte le occasioni in cui questo insegnamento fu per me decisivo per vivere bene e per dirigere una comunità complessa come una scuola.
Sono stato affascinato dalla sua cultura, mai esibita ma che naturalmente emergeva dal suo linguaggio ricco e complesso, dall’imprevedibilità di quello che stava per dire anche se erano anni che lo avevi sentito parlare di quello stesso argomento. Sono stato sempre affascinato dalla sua scrittura elegante, ricca, densa di significati e di rimandi ad una enciclopedia di saperi vastissima.
Sono stato sorpreso dall’apprendere solo alla sua morte che era stato un partigiano che prese parte ad azioni vere e che fu anche arrestato. Non ne parlò mai con noi, mai una volta proclamò più del necessario il suo antifascismo in momenti in cui andava di moda. Il suo impegno politico di parte, attivo nel partito socialista, rottamato dal prorompente giovane virgulto Bettino, l’ animazione di mille imprese legate alla scuola, la collaborazione con le associazioni di insegnanti, erano alimentati da una visione della società e dell’uomo libera da pregiudizi e rancori, da una fede profondamente laica.
Categorie:Cultura e scuola, Riflessioni personali
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