Bolle sociali ovunque

Una parte del post di ieri l’ho scritto seduto su una panchina di Villa Pamphili. Mentre scrivevo osservavo le persone a passeggio e riflettevo sul concetto che stavo illustrando e che volevo applicare alla gestione della scuola per la riapertura.

Prima osservazione confortante: le persone che osservavo rispettavano con scrupolo le disposizioni o quantomeno sembrava che avessero assimilato certi comportamenti utili nella nostra situazione. Molti fanno come me, si tolgono la mascherina se non vedono sul loro cammino nessuno venire incontro, la rimettono se prevedono che incroceranno a breve altre persone.

Molti sportivi corrono o camminano da soli e deviano il percorso per non avvicinarsi troppo ad altri ma non portano la mascherina, le coppie di giovani e di anziani passeggiano conversando delle solite cose con qualche raccomandazione reciproca spesso innervositi, nulla di nuovo tra coppie affiatate, gruppetti di amici omogenei, una decina di ragazzi e ragazze che forse avevano superato la maturità e che si divertivano a fare la macchietta di questo o di quella.

Sì, era ben evidente che le riaggregazioni spontanee tra soggetti che si frequentano senza essere ‘congiunti’ stanno avvenendo seppure con qualche residua prudenza.

Il gruppo dei ‘maturati’ passeggiava distante dal viale principale al di la del fiumiciattolo in mezzo a un grande prato dove normalmente scorrazzano i cani, il gruppo era sgranato, quasi una fila indiana che si ingrossava solo con tre coppie (ragazzo ragazza) che si trovano in coda e che camminavano affiancati. Inconsapevolmente rispettavano le distanze reciproche e non potevano essere considerati un assembramento anche se erano un gruppo numeroso. Naturalmente non so dire se finito il prato si saranno ammucchiati pericolosamente, di certo erano in una fase di aggregazione e di costituzione di una bolla sociale, un gruppo al cui interno le precauzione sono quasi nulle.

Un gruppo di mamme, quattro o cinque seguite da una quindicina di ragazzini tutti della stessa età, tutti in bicicletta, sono sfrecciate sul viale di fronte alla mia panchina in cui io ero assorto con il mio iPad. Gruppo colorato da cui spiccavano le sonorità di una lingua a me ignota ma riconoscibile come il tedesco. Ripresa la strada di casa, ho incontrato un’altra bolla, tre coppie di indiani o pakistani con tre carrozzine con figlietti molto piccoli e altri bimbi di 4 o 5 anni. Se ne stavano sotto un gelso al fresco osservando divertiti la varia umanità che passeggiava o sfrecciava lungo il viale.

Proseguendo, ritrovo la comitiva dei tedeschi, avevano colonizzato un pezzo del prato con grandi coperte, stavano finendo la merenda e si stavano organizzando per giocare a pallone. Niente distanziamento tra i ragazzini ma le mamme o le baby sitter stavano in piedi, distanziate tra loro, vigili ed attente per difendere la loro bolla.

Questo mio racconto è per dire che un processo di ricostituzione dei cluster sociali, di bolle, sta avvenendo con maggiore o minore prudenza a seconda dell’età e della consapevolezza dei rischi corsi da se stessi e dai propri cari. Tale processo non dovrebbe essere colpevolizzato troppo come accade di frequente quando si demonizza la movida di per se stessa e non specifiche modalità di incontro che sono oggettivamente pericolose. Proprio in questa fase in cui i divieti drastici sono caduti bisognerebbe diffondere strategie comportamentali utili a ricostituire un tessuto di rapporti civili di cui la società ha estremamente bisogno. Purtroppo i giornali e media sono troppo intenti ad alimentare le polemiche politiche, le diffidenze, le paure, le invidie per poter diffondere un clima responsabile e prudente che insegni alla gente come fare ora che il virus sta andando in vacanza e come reagire se e quando dovesse ritornare rinvigorito e più battagliero.

Ovviamente questa riaggregazione in bolle in cui ci si sente sicuri e in cui non si rispettano le regole del distanziamento e della mascherina, è potenzialmente molto pericolosa: se ciascuno di noi avesse mediamente 10 persone con cui non crede sia necessario una relazione protetta, con le quali cena tranquillamente, passeggia conversando, si gode un aperitivo, si viaggia nella stessa auto, diventerebbe una piccola bomba epidemica se si infettasse. Infatti nei 5 o sei giorni prima della comparsa dei sintomi un membro di una bolla potrebbe infettare l’intera bolla e a catena le molte bolle alle quali gli altri componenti ignari e sicuri della propria salute appartengono. La dimensione delle bolle e la frequenza con cui all’interno della bolla si hanno incontri e scambi rende il processo di contagio molto veloce e molto aggressivo per cui rapidamente R0 salirebbe a valori esplosivi. E’ ciò che in queste ore sta accadendo in Germania con l’infezione nei mattatoi della Vestfalia o a Roma con il San Raffaele: in pochi giorni si può arrivare a migliaia di casi e riaccendere dei focolai inestinguibili con le sole misure di distanziamento focolai che richiederanno il blocco totale con grave danno per tutta l’economia e la società.

Quindi se il riavvicinamento è necessario e opportuno occorre vigilare che le bolle non siano troppo grandi e che i membri di una bolla non siano immersi in altre bolle molto grandi: se non si dispone di Immuni occorre che ciascun individuo che esce dall’antro del confinamento e riprende la vita sociale si appunti su un diario con accuratezza tutte le occasioni di incontro e annoti le identità delle persone con le quelli il distanziamento non è avvenuto in modo rigoroso perché ci si trovava in un bolla protetta. Ciò, sia per individuare la persona da cui si è stati infettati sia per poter indicare alle autorità sanitarie chi potrebbe essere stato infettato da noi negli ultimi giorni.

Mi rendo conto che tenere un diario dei contatti a rischio può essere defatigante e depressivo ma costituisce un dovere etico finché non saremo certi che il virus è assolutamente sparito dal nostro giro. L’app Immuni consente di tener sotto controllo la varietà delle occasioni di infezione e potrà, se un buon numero di cittadini la adotteranno, di spegnere rapidamente focolai infettivi che inevitabilmente si accenderanno nelle prossime settimane.

Ma almeno il 50% degli italiani sembra che se ne freghi e le diffidenze nei confronti di qualsiasi cosa ci venga proposta dall’autorità sanitaria dalle app ai vaccini, di qualsiasi disposizione delle autorità, di qualsiasi dispositivo tecnologico è così diffusa e radicata, essendo anche alimentata dai media, che nemmeno i 35.000 morti in pochi mesi sono un monito sufficiente. Con gli stupidi c’è poco da fare.



Categorie:Coronavirus, Immuni

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