In questi giorni si discute se investire in armi spesso facendo confusione: più soldi per le armi da dare agli Ucraini, più soldi per l’esercito italiano integrato nella NATO, più soldi per un nuovo esercito italiano parte di un nuovo esercito europeo. Sono scelte differenti che implicano anche impegni di spesa molto diversi da realizzare in tempi diversi.

Ogni scelta avrebbe buone ragioni per essere adottata e ne avrebbe anche di ottime per essere rifiutata, le tre opzioni non sono tra loro incompatibili. A queste tre scelte si aggiunga l’alternativa tra una impostazione strategica difensiva rispetto a una offensiva. Un bel garbuglio.
Che fretta abbiamo di riarmare con la guerra in Ucraina ancora aperta e con la necessità di trovare una soluzione almeno con un raffreddamento degli scontri e l’avvio di una processo di pace? Ogni scelta delle tre considerate porta ad un inasprimento delle posizioni soprattutto della parte che può allungare i tempi perché ha un continente come retroguardia. La prima alternativa, quella della fornitura di armi agli ucraini, può avere qualche efficacia concreta immediata mentre le altre due investono sulla prosecuzione nel tempo dello scontro, soluzione che alla lunga è letale per tutti, europei compresi.
L’Europa ha come priorità assoluta quella di facilitare la pace in Ucraina aiutando la resistenza degli ucraini ma lavorando anche per convincere gli ucraini che l’Ucraina non deve diventare una grande trincea come nella guerra civile di questi anni era diventato il confine tra il Donbas secessionista e il resto del paese. Occorre convincere Zelensky che il suo non è un set cinematografico della storia e che ogni giorno non muoiono solo i russi ma anche tanti ucraini, militari e civili e di ciò lui dovrà prima o poi rispondere anche se i russi dovessero abbandonare completamente l’impresa e lui risultasse vincitore, le contraddizioni all’interno della società ucraina riesploderebbero come è accaduto da oltre un decennio. Noi europei dovremo avere meno sensi di colpa per la nostra ignavia e per le nostre paure e essere realistici e pragmatici, più cinici, sapendo che i sacri principi, i sacri confini, i sacri valori sono balle di un mondo che sta scomparendo. Sul piatto di un accordo che risolva la situazione ci dovrà essere l’annullamento da un giorno all’altro delle sanzioni, ci dovrà essere la ripresa dei flussi di gas, la ripresa dei commerci anche perché regioni povere del pianeta hanno bisogno del grano russo e ucraino e l’Europa non sopravviverebbe ad un proprio impoverimento unito a un impoverimento ulteriore di masse diseredate che prima o poi si ribelleranno e giocoforza invaderanno l’Europa, magari affogando a migliaia nel mar mediterraneo, come accade già ora. Quindi la scelta della pace come priorità è anche una posizione razionalmente egoistica, tutt’altro che stupida.
Se l’Unione Europea fosse in grado di entrare nelle trattative di pace con proposte realistiche e appetibili, penso che il giorno dopo avrebbe meno fretta ad assecondare gli Stati Uniti nella sfida mortale con il resto delle super potenze. L’Europa può pensare di diventare la quarta o la terza superpotenza? La vulnerabilità della sua struttura economica e delle sue istituzioni è palese in questi giorni (uno stato come la Gran Bretagna se ne va senza che l’Europa abbia provato a dichiarare una guerra contro i secessionisti), siamo il mercato più ricco del mondo con il migliore tenore di vita, potremmo migliorare ancora con politiche verdi contro l’inquinamento e contro lo sperpero delle risorse energetiche ma ciò potrà accadere solo se sceglieremo una via di pace con tutti.
Questa mattina mi sono svegliato con questa domanda: ma davvero dovremo difenderci da un’invasione? Chi potrebbe voler conquistare il suolo europeo? Cosa c’è da conquistare? non ci sono miniere, metalli preziosi, fonti energetiche, terreni da coltivare, ci sono splendide città, ottime università, grandi biblioteche, grandi sale da concerto, efficienti ospedali, un vero Eden in cui per il momento è facile entrare, basta pagare il biglietto aereo e le spese di soggiorno. Perché la Russia dovrebbe arrivare fino a Parigi o a Roma? Perché la Cina dovrebbe distruggere il suo migliore cliente? In effetti dovremmo aver paura di un solo invasore, quello che gradualmente occupa il nostro territorio con poveri emigranti che cercano una vita migliore, che sono interessati a lavorare e a godere dei nostri stessi diritti. Allora ci serve un esercito europeo da schierare a difesa del quadrante sud est contro i poveri? Rileggere Miseri e miserabili.
Se ora ci fosse stato un esercito europeo ben armato saremmo intervenuti in una disputa così pericolosa come una guerra civile che dura da 8 anni e che ha già prodotto 12.000 morti? Qualche lettore mi dirà che se l’Europa fosse stata più forte e più autonoma quella guerra sarebbe stata impossibile. Ne siamo certi? Tutte le guerre successive a quella mondiali sono state scatenate e gestite da conflitti locali insanabili tra etnie, culture e religioni diverse e opposte. Neanche con eserciti super tecnologici e con mezzi infiniti è possibile sanare rapidamente conflitti profondamente radicati in popoli che si odiano. I processi che investono le culture locali, la vita dei singoli e delle comunità evolvono e si sanano lentamente spesso a costo i molto sangue e di tante sofferenze. Qui il mio cinismo diventa forse rassegnazione ma quando si riflette un po’ si deve ammettere l’esistenza dì lati oscuri della propria personalità.
L’integrazione europea potrebbe essere rafforzata al suo interno da un progetto di coordinamento e di fusione degli eserciti esistenti come è accaduto in parte con i progetti Erasmus per la cultura giovanile e i sistemi formativi. Questo significherebbe non tanto standardizzare i modelli degli armamenti ma creare canali di comunicazione collaborativa tra strutture umane che attualmente devono guardarsi reciprocamente in cagnesco. Insomma volere una esercito europeo non significa spendere di più ma spendere meglio e aprire le porte della reciproca comprensione tra noi europei.
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