Ancora conti della serva

Non so se chi ha letto i miei post sullo spread (Ma che dice Scalfari? Spread e interessi  Spread rendimenti futuri e conti della serva)   ha saltato a piè pari la parte matematica, quella quantitativa che un po’ pedantemente cerca di rendere taluni conti comprensibili al cittadino comune. La mia amica Rosanna mi chiede di essere ancora più chiaro e di spiegare meglio come vengono fuori certi risultati, in particolare come mai un BTP 2033 che rende nominalmente il 5,75% possa rendere effettivamente circa il 7%.

Sono possibili due modalità di calcolo. Il primo, la capitalizzazione semplice, richiede di saper calcolare una proporzione e poco altro. Intanto, se parliamo di rendimento effettivo dobbiamo pensare che sugli interessi grava un prelievo fiscale pari al 12,5 % per cui l’interesse che terrò per me ogni anno ammonta a 5,03 euro per ogni buono da 100 euro. Questo sarebbe il rendimento effettivo se avessi pagato il buono 100 euro, ma l’ho pagato 82,6249 euro e quindi per avere il tasso percentuale devo impostare la seguente semplice proporzione:

5,03:82,6249=x:100 che si legge 5.. sta a 82 come x sta a 100 (scusate la pedanteria ma queste reminiscenze di scuola media, le poche che potremmo utilizzare frequentemente, le abbiamo rimosse e dimenticate). Cioè x= (5,03•100)/82,6249= 0,0609 cioè 6% effettivo. Ma alla fine del periodo 2033 lo Stato rimborserà 100 e quindi (100-82)/21 anni è pari ad altri 0,83 euro all’anno che tassati diventano 0,724. Quindi alla fine dell’anno in media su tutto il periodo incasso 5,03+0,724= 5,754. Se ricalcoliamo la proporzione di partenza con questo nuovo valore troviamo 6,94% un valore prossimo al 7% di cui parlavamo all’inizio. Ovviamente se il valore di mercato del buono passa in breve tempo da 82 a 100 si può arrivare a lucrare dei tassi effettivi anche molto alti come ho detto nel precedente post.

In realtà, poiché gli interessi incassati semestralmente producono a loro volta altri interessi se fossero subito reinvestiti, il procedimento di calcolo più adatto in questo caso è la capitalizzazione composta che utilizza un concetto matematico più raffinato quale la funzione esponenziale e che mostrerebbe come il montante finale, cioè il capitale iniziale più gli interessi e gli interessi degli interessi risulta ancora più alto di quello che otterremmo con il calcolo della capitalizzazione semplice.

La mezza verità di Tremonti. Tra le mezze verità sullo spread c’è anche l’uscita recente dell’ex ministro Tremonti che ricordava che la media dello spread nel periodo del suo mandato è di 76 punti. Ho già scritto che questo calcolo nasconde la dura realtà di ciò che stava succedendo in modo catastrofico alla fine del suo mandato e cioè che lo spread stava crescendo esponenzialmente (sulla funzione esponenziale tornerò a scrivere prossimamente). Ma l’informazione suggerisce anche un’altra idea falsa e che cioè i tassi di interesse corrisposti sul debito fossero bassi. Se si analizza la lista dei titoli in circolazione acquistabili in borsa si trovano rendimenti anche superiori al 5% che risentono della situazione economica del paese nel momento in cui i titoli sono stati emessi. Il titolo che abbiamo assunto ad esempio è stato emesso nel febbraio 2002 a un tasso nominale pari se non superiore o quelli che sono riconosciuti ora nella attuale crisi così grave. Ma anche il 2002 non era un anno facile! Allora perché lo spread era così basso? perché la differenza tra i Bund tedeschi e i BTP italiani rifletteva una situazione più equilibrata tra i due paesi, i quali probabilmente avevamo lo stesso rating. Anche i tedeschi pagavano tassi alti come i nostri perché anche il loro debito pubblico era e resta alto, anzi il più alto in termini assoluti d’Europa. Come quella situazione più equilibrata si sia persa dovrebbe far riflettere tutti coloro che ci hanno governato in questi ultimi anni.

I giochi degli organi di informazione. Nella crisi finanziaria di cui stiamo parlando hanno giocato un ruolo tanti fattori, alcuni legati all’economia reale altri legati alla psicologia degli investitori. Nell’agosto del 2011 io partivo per la mia ultima vacanza. (Cosa strana dei pensionati, non abbiamo più le vacanze come periodo di riposo dal lavoro e ci risulta strano rispondere alla domanda: quando vai in vacanza). Nuova vita, tanti grilli per la testa, qualche preoccupazione nuova. Il 3 agosto trovo a pag. 9 del Corriere della Sera uno specchietto in cui venivano proposte sei possibilità di investimento sicuro per un risparmiatore che avesse voluto preservare il proprio capitale liquido nella tempesta finanziaria che si stava profilando. Quella più suadente e più eticamente accettabile era costituita dall’acquisto di Bund tedeschi, un’altra alternativa era di comprare diamanti (il tesoriere della lega deve aver letto quell’articolo). Non compariva l’acquisto di titoli di debito pubblico italiani. La cosa mi colpì molto e la interpretai come un vero e proprio sabotaggio autolesionista. Questa pagina ha continuato a ronzare nella mia memoria nel marasma di sentimenti, paure, speranze che la crisi finanziaria ha generato nei mesi successivi in me e nelle persone che frequento. Non so quanti italiani spostando anche piccole somme dai BTP italiani, considerati dalla stampa e dagli opinionisti poco più di carta straccia, sui solidissimi e ferrei Bund tedeschi abbiano fatto crescere a dismisura quel maledetto indice. La mia non è un’accusa ma la constatazione che l’intreccio tra dibattito politico, difesa di interessi più o meno legittimi, sentimenti di paura, invidia, odio hanno elevato il tasso di irrazionalità di molte condotte collettive.

Tieni duro Monti. Ormai è chiaro, il lato masochista della mia personalità mi fa amare Monti. Credo che gli dobbiamo, al di la di tutto, il messaggio positivo che ha diffuso il suo instancabile e quieto fare, la sua sobrietà forte e decisa, la sua signorilità e la sua cultura. Ci ha restituito un pochino di orgoglio nel sentirci italiani. Ma bando ai sentimentalismi. Voglio continuare a parlare di economia e fare i conti della serva.

C’è un traguardo che, con tutti i sacrifici che stiamo facendo, è alla portata. Il quasi pareggio di bilancio nel 2013, se fosse effettivamente raggiunto, avrebbe un fondamentale effetto sul meccanismo di rinnovo dei titoli di debito pubblico: il Tesoro non dovrebbe drenare nuovo denaro dal mercato ma chiedere che i detentori dei titoli attuali siano disposti a rinnovare il prestito. In quelle condizioni è molto probabile che anche i tassi possano un po’ scendere con riduzioni della spesa per gli interessi, non i 16 miliardi di cui parlava Scalfari, ma quel tanto che potrebbe cambiare l’umore di noi del parco buoi ed evitare il commissariamento della troica per avere qualche miliarduccio dal fondo salva stati come incomprensibilmente Scalfari raccomanda.

Ma Monti deve tener duro, portare a termine il lavoro sporco che è stato chiamato a fare senza cedere alle sirene elettorali di chi vorrebbe aprire i cordoni della borsa per lisciare il pelo degli elettori, magari accedendo ai fondo salva stati e sottoscrivendo nuove condizioni capestro come insensatamente proponeva la domenica scorsa Scalfari. Monti non deve pensare al Monti 2 né al Quirinale. Credo che sia una persona sensibile e senta una stretta al cuore quando legge i dati Istat sui licenziamenti ma i chirurghi non devono avere pietà e il cancro non è ancora estirpato.

Intanto una ottima notizia dai risultati elettorali dell’Olanda, se non ho capito male riprendono vigore gli europeisti, la speranza di un futuro comune europeo torna a fiorire.



Categorie:Economia e finanza, Politica

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