Riprendo la riflessione del post precedente, in mezzo ci sono state le primarie del PD, l’ammorbidimento di Donald con Kim, il primo Maggio e ‘The Circle’.
Parto dall’evento più recente. Un articolo letto questa mattina su un film che, tratto dal romanzo distopico ‘The Circle’, prefigura ciò che potrebbe diventare la nostra società per effetto di reti di social e di media in grado di osservare, memorizzare, analizzare i comportamenti individuali indirizzandoli e vincolandoli al volere di gruppi politici o economici non identificati. La parola distopico è per me un neologismo di cui non conoscevo il significato, sconosciuta anche al mio correttore ortografico automatico.
Un romanzo distopico è tale se contiene una visione del mondo non utopica, anzi anti utopica, non è fantascienza né favola o fantasy, non è realista … un romanzo distopico rappresenta un mondo che assomiglia molto a quello reale in cui viviamo, ne inventa una estrema conseguenza catastrofica o apocalittica molto verosimile. Non ho letto romanzi del genere ma mi rendo conto che molta produzione cinematografica, molte serie TV hanno una simile impostazione: mettono in luce quanto di ciò che ci appare normale possa diventare pericolosamente catastrofico e irrimediabile.
Sono di quelli che ritengono la difesa della privacy una inutile nevrosi collettiva che ostacola il progresso economico e sociale creando burocrazie inutili, regole asfissianti, lentezze che creano solo handicap ad un sistema economico che voglia essere efficiente. Cosa potrà mai succedere, dico spesso, non ho nulla da nascondere, così metto la mia foto sui social, racconto fatti personali, rendo pubblico quasi tutto. Ho affidato a Google le mie foto e le condivido con altri senza molte remore. L’articolo che ho citato mostra che il mio è un comportamento molto superficiale che mi espone ad influenze esterne imprevedibili, a condizionamenti inconsapevoli, a rischi concreti per chi mi circonda e che dovrei proteggere. Classico è il caso delle foto dei bimbi minori che non dovrebbero circolare sulla rete. Ovviamente le consuete cautele sono inutili se pensiamo che in un occhiale da sole ci può essere nascosta una telecamera e che abitudini, atteggiamenti, immagini di chiunque possono circolare sulla rete senza controllo.
Tranquilli, non sto diventando più paranoico del solito dopo la lettura dell’articolo sul Circle, però forse sono diventato ancora più consapevole di quanto siamo esposti agli influencer che operano ovunque non per dare spiegazioni ma per promuovere strizzotti di pancia, crampi allo stomaco, sussulti, arrabbiature perché il nostro comportamento non sia indirizzato dalla mente ma dalla pancia.
Il nostro mondo è già così, le scelte fondamentali sono operate da singoli in contesti non democratici, pensate all’investitore che decide l’acquisto di un determinato titolo, al viaggiatore che sceglie proprio quella compagnia aerea, al consumatore che sceglie la bottiglia di vino o rifiuta la carne sono altrettanti comportamenti individuali apparentemente liberi che con continuità ed in un numero sterminato di casi plasmano la realtà di un globo sempre più interconnesso in cui il consiglio di sicurezza dell’ONU è un simulacro un po’ logoro e stanco di una utopia di cui l’umanità ha dimenticato l’esistenza.
Nel titolo Blog, comunità, partiti, movimenti, social ho implicitamente introdotto una struttura concettuale in cui i partiti si trovavano al centro tra due estremi, da un lato i Blog, capaci forse di aggregare comunità piccole o grandi di individui disponibili a leggere e condividere idee e riflessioni e all’altro estremo i social più adatti a stimolare aggregazioni tra soggetti più esposti all’approccio veloce ma superficiale ancorato al momento e all’attualità o anche alle mode più diffuse. Al centro dello schema i partiti. Questi dovrebbero essere delle comunità cioè dovrebbero coniugare aspetti di convivenza comunitaria tra individui che si conoscono, si frequentano, scambiano idee che condividono. Ma i partiti dovrebbero essere anche dei Movimenti cioè organizzazioni dinamiche capaci di uscire dal proprio limitato contesto, far proselitismo, organizzare eventi visibili, di impatto.
Le primarie del PD si prestano a molte letture da questo punto di vista: hanno confermato l’esistenza di una struttura, di una comunità, di un partito che dato per morto e sepolto riesce a mobilitare 1.800.000 cittadini e tutta la rete di attivisti e volontari che hanno realizzato l’impresa in una giornata di ponte primaverile. Pochi, rispetto alle masse spostate da Prodi o da Bersani ma tanti rispetto alle altre strutture politiche che competeranno con quel partito. Nonostante tutte le possibili manipolazioni sistematiche dei media che tendono ad accellerare il corso degli eventi, i cambiamenti profondi delle mentalità, delle attese, della cultura di vaste comunità sono lenti ed evolvono con il ritmo dell’avanzare di nuove generazioni, una ciclicità che oscilla tra venti e trent’anni quale è quella che separa mediamente un genitore dai propri figli.
Questo i nuovi social e ciò che c’è dietro lo sanno benissimo: la velocità dei cambiamenti non è quella delle stagioni della moda, non è nemmeno quella degli accadimenti politici imprevedibili come la Brexit o Trump o Kim, è quella dei cicli economici, è quella del consumo dei beni durevoli, le macchine, i frigo, gli elettrodomestici durano almeno 10 anni.
Ma che cosa sta succedendo in realtà? ci sono processi lenti e latenti che si consolidano e diventano istituzionali? c’è una generale coerenza e razionalità in tali processi? c’è una mano invisibile in grado di orientarli? La mia generazione ha creduto quasi fideisticamente nel progresso, nella possibilità di migliorare la società e le condizioni di vita di ognuno ed ha creduto che la scienza e la tecnologia potessero avere un ruolo comunque positivo. Gradualmente ci siamo resi conto però che la contraddizione è la condizione fondamentale dell’essere umano che non ama l’equilibrio e la staticità, non siamo come gli insetti o le api, dobbiamo distruggere i nostri alveari per costruirne di nuovi e diversi.
Abbiamo creduto nel socialismo e ne abbiamo visto il valore positivo ma anch’esso è soggetto alla contraddizione del successo e del potere: se non funziona e non dà i risultati promessi scontenta i cittadini che si ribellano e lo abbattono se funziona e arricchisce il popolo si ritrova un popolo di elettori imborghesito e impaurito di tornare povero per cui prevale la destra conservatrice. Quindi il socialismo comunque fallisce.
Mi chiedo allora: che sta succedendo realmente? questa nuova e capillare interconnessione tra noi che telefoniamo, chattiamo, scambiamo foto, sentimenti, invettive, parolacce, informazioni e dati porterà a creare legami, relazioni, omogeneità stabilità, pace o qualcos’altro. La mia sensazione è che stia succedendo quello che capita se continuate e sbattere con la frusta la panna, arrivata al massimo della spumosità all’improvviso si può separare in grumi di burro e in liquido lattiginoso e si smonta miseramente. Temo che qualcuno ha deciso che questo nuova condizione dell’umanità con l’internetconnessione deve separare, distinguere, creare risentimenti, invidie, acrimonia, incomprensione perché vale ancora il detto latino DIVIDE ED IMPERA.
Categorie:Politica, Social e massmedia
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