Quando nel 95 tornai al CEDE il clima politico era radicalmente cambiato, in un decennio la grande credibilità politica della generazione dei resistenti e degli antifascisti (impersonati in questa storia da Visalberghi e Gozzer) si era come dissolta ed emergeva prepotentemente lo scandalo della corruzione legato al finanziamento illegale dei partiti. Un clima pesante sovrastava le istituzioni ed era iniziata una crisi decennale che avrebbe toccato ogni aspetto della vita pubblica.
Me ne andavo dalla scuola con la sensazione che non ci sarei più tornato: un comando quinquennale rinnovabile altri 5 vinto a 47 anni prometteva qualche sviluppo di carriera coerente con la professionalità che avevo nel tempo sviluppato oppure la pensione: dopo i primi sei anni con Visalberghi al CEDE e il dottorato, tra l’88 e il 95 avevo avuto tante opportunità di lavoro decisamente positive. Avevo collaborato con Allulli allo studio di fattibilità del nuovo sistema di valutazione nazionale, affidato al Censis sulla base delle indicazioni della conferenza del ’90 sulla scuola (ministero Mattarella). Sempre con Allulli e Lucisano avevo lavorato al monitoraggio degli esiti dei nuovi programmi di scuola elementare, soprattutto avevo lavorato intensamente nel Provveditorato di Bergamo nei progetti di autovalutazione delle scuole.
La posizione nella graduatoria del concorso mi consentì di riprendere la responsabilità del dipartimento Innovazione, Valutazione e Tecnologie educative. La Valutazione stava diventando il compito principale del CEDE e speravo di potermene occupare. Però nel primo colloquio con il presidente, che dal ’91 era il prof. Margiotta dell’università di Venezia, mi fu comunicato che, con delibera del comitato direttivo, la competenza sulla valutazione di sistema era passata al dipartimento Programmazione e Costi e che il mio dipartimento si sarebbe occupato soprattutto di nuove tecnologie educative. Non fui del tutto entusiasta della notizia.
Poi mi resi conto nei giorni successivi che di lavoro ce ne sarebbe stato molto e di grande importanza, non mi potevo certo lamentare. Fui nominato rappresentante della sicurezza in applicazione della 626 del 94.
Villa Falconieri era cambiata. Molti colleghi nuovi, la segreteria era stata potenziata e organizzata, molte parti dell’edificio erano state ristrutturate sia sotto la presidenza Visalberghi sia nella successiva di Margiotta. Brillava una sala convegni del tutto nuova provvista di strutture per la traduzione simultanea, molte stanze in più erano state arredate per gli uffici dei ricercatori, lo standard anche degli arredi e delle strutture era sempre più ‘europeo’.
Margiotta aveva presieduto il CEDE senza chiedere l’esonero dall’insegnamento nella sua università per cui era sempre trafelato, di corsa dall’aeroporto a Frascati e spesso anche al Ministero a Viale Trastevere. Per non pesare sulle magre risorse del CEDE dormiva in Villa quando settimanalmente veniva a Frascati ma non erano previsti servizi di guardiania ad hoc, se in contemporanea non c’erano dei convegni, per cui la sera si chiudeva dentro la villa con le sue carte da solo, non aveva paura dei fantasmi.
Tendenzialmente accentratore aveva costituito una segreteria del presidente che aveva anche il compito di archiviare sistematicamente tutta la documentazione dei vari progetti in cui era strutturata l’attività del Centro. Era alla conclusione del suo mandato e si percepiva la fatica e lo stress di chi vuole comunque vincere una scommessa personale: risorse sempre più limitate, difficoltà burocratiche di ogni tipo. Il ministero, che era anche ente vigilante, eccepì ad esempio sull’uso della macchina dell’ente per andare all’aeroporto per cui mi capitò più di una volta di dargli ‘uno strappo’ a Fiumicino al termine di una convulsa giornata di lavoro. Era una occasione per continuare a ‘lavorare’ discutendo dei progetti del CEDE.
Tra il personale serpeggiava un certo malcontento, c’erano i più vecchi un po’ delusi per non aver visto premiata la fedeltà più che decennale all’ente, i nuovi vincitori con qualche presunzione e illusione di troppo. Tra coloro che manifestavano una posizione critica nei confronti della situazione c’era un preside, Antonio Sassone, il quale si scelse come incarico quello di scrivere una storia della Villa. Era stato un professore di storia e lavorò con metodo e scrupolo accumulando un voluminoso dossier su tutto ciò che era successo nella Villa. Avrebbe voluto pubblicarli ma i responsabili, credo già lo stesso Visalberghi nicchiavano perché il materiale era fin troppo voluminoso e dettagliato e soprattutto scomodo, pieno di pettegolezzi e notizie imbarazzanti. Ricordo di averne letto delle parti, solo recentemente dopo che Enrico C. mi ha chiesto di scrivere qualcosa su Villa Falconieri ho scoperto che Sassone era riuscito a pubblicare due volumi di cui il secondo a proprie spese. Fuori commercio esistono solo alcune copie presso qualche biblioteca specializzata. Riporto i riferimenti per i curiosi interessati alla storia centenaria di Villa Falconieri.
Antonio Sassone, Villa Falconieri: dalla borghesia nobiliare alla periferia del sapere ; Effetto Tantalo, la politica nella ricerca educativa. 1, Nobili e ignobili. Armando, 2002 Roma
Antonio Sassone, Villa Falconieri. Dalla Borghesia nobiliare alla periferia del sapere, 2 Armando, 2002 Roma
Dopo la conferenza sulla scuola del 90 che aveva lanciato l’idea dell’autonomia scolastica e parallelamente quella della valutazione di sistema, dopo la grave crisi finanziaria del ’92 in cui l’Italia rischiò seriamente il default, nel pieno degli scandali di tangentopoli governi di salute pubblica introdussero nell’ordinamento nuovi criteri di efficenza della spesa nella pubblica amministrazione. Nel 93 il D.Lvo 35 introduceva l’idea di interventi legati alla qualità e all’efficacia dell’istruzione. L’art.8 così recitava
1. Nel quadro della definizione di strumenti idonei al conseguimento di una maggiore produttività del sistema scolastico ed al raggiungimento di obiettivi di qualità, il Ministro della pubblica istruzione provvede alla determinazione di parametri di valutazione dell’efficacia della spesa che tengano conto dei vari fenomeni che, condizionando l’attuazione del diritto allo studio, si riflettono sui livelli qualitativi dell’istruzione. A tal fine provvede altresì all’individuazione di adeguati metodi di rilevamento dei processi e dei risultati in termini di preparazione generale e di preparazione specifica del servizio scolastico.
2. Definiti metodi e strumenti di cui al comma 1, il Ministro della pubblica istruzione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, stabilisce un programma triennale di interventi articolati nel territorio, per ciascun anno, che saranno volti alla realizzazione della migliore qualità dell’offerta educativa ed, in particolare, al graduale superamento dei fenomeni di evasione dall’obbligo scolastico, di ripetenza e di interruzione della frequenza scolastica, di ritardo nel corso degli studi e di abbandono della scuola, soprattutto nelle aree di maggior disagio scolastico.
Nel Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione D.L.vo n.297/1994 art. 603 si introduce il concetto di “produttività del sistema, obiettivi di qualità da perseguire e parametri di valutazione sull’efficacia della spesa”. Al comma 3 il testo recita:
Per l’acquisizione delle competenze scientifiche e tecnologiche necessarie, per la realizzazione del programma, per l’analisi sistematica dei risultati rilevati e per la verifica dell’idoneità degli interventi disposti, il Ministro della pubblica istruzione si avvale della collaborazione del Centro europeo dell’educazione, della Biblioteca di documentazione pedagogica, degli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi, nonché di enti specializzati, universitari e non universitari, pubblici e privati, e di associazioni di tutela dei diritti dei cittadini e della qualità di servizi.
Scusate se sono stato pedante in questa parte del racconto riportando testualmente alcune norme, mi serviva per sottolineare il passaggio radicale che cambiava la natura e la collocazione del CEDE: la rete di istituti che i decreti delegati avevano disseminato al servizio della scuola per valorizzarne la gestione democratica era riportata dentro la struttura burocratica del Ministero per assolvere ad una finalità specifica dettata dalla contingenza politica che richiedeva un maggiore efficienza nel raggiungimento dei risultati della scuola.
Le nuove disposizioni di legge ebbero un ulteriore rinforzo nel contratto di categoria dei docenti che prevedeva aumenti salariali legati ai risultati ed anche per questo la rete del CEDE BDP IRRSAE ebbe risorse per progettare e realizzare un primo sistema di valutazione dei risultati. Questo era il progetto che occupava fortemente il lavoro del presidente e di una parte dei ricercatori.
I problemi economici del paese, la politica, e al suo seguito la burocrazia, avevano varcato i cancelli di Villa Falconieri importando lo stesso clima di affanno e di incertezza che respiravamo in quegli anni.
Categorie:Cultura e scuola, Valutazione
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