Lo sgretolamento del nostro tessuto nazionale procede senza sosta, è difficile scorgere tentativi di ricomposizione che diano speranza. Il clima, l’economia, la politica mostrano delle crepe che si allargano e non emergono personaggi capaci di riannodare le diversità e lenire i rancori e le delusioni.
Parlo del caso delle elezioni siciliane per illustrare un aspetto apparentemente secondario che però a mio parere corrode il tessuto della ragionevolezza collettiva.
Gran parte del dibattito odierno sulle alleanze e sui leader, urgente per la Sicilia ed imminente per l’Italia, prescinde dalla conoscenza o dalla consapevolezza degli effetti che i sistemi elettorali hanno sulle scelte politiche che si dovranno prendere. Gli unici che traggono beneficio dalla paranoia attuale sono i grillini: non vogliono fare alleanze né prima né dopo, potrebbero andare al governo ma si accomoderanno volentieri all’opposizione per controllare e quindi appaiono agli elettori come i più coerenti e i più promettenti.
La regione siciliana ha un sistema elettorale maggioritario che assegna 18 seggi al listino del presidente vincente che è eletto anche con un solo voto un più rispetto agli altri candidati presidenti. Il resto dei 78 seggi sono eletti con il proporzionale con uno sbarramento al 4%. Il voto è disgiunto cioè l’elettore può votare nel proporzionale diversamente da voto per il presidente. Nel sistema maggioritario, con un elettorato sgretolato in mille fazioni, grosso modo in tre o quattro gruppi principali, può vincere ed avere la maggioranza nella assemblea una forza con anche solo il 30% di voti. Per questo le alleanze utili sono quelle che si fanno prima delle elezioni, poi i giochi sono chiusi.
Nel Parlamento nazionale invece, se non si approva una nuova legge elettorale, vige un sistema proporzionale quasi puro con leggeri tagli dovuti alle soglie e con un improbabile premio di maggioranza per la sola camera dei deputati riservato a chi supera il 40% nel primo turno. In questo sistema le alleanze e le aggregazioni preventive non devono snaturare l’identità della formazione che si presenta, sarebbero controproducenti, sono utili solo se servono a superare la soglia di sbarramento. Per il resto chi si sente sicuro con il suo 7 – 8% potrà sperare di farcela da solo e di poter contrattare a posteriori la costituzione di nuove alleanze parlamentari dopo le elezioni direttamente in assemblea. Ovviamente anche a livello nazionale la tentazione maggioritaria è ancora molto forte, da vent’anni respiriamo quel clima per cui la proposta di listoni eterogenei, ma sulla carta capaci di vincere, ricompare ogni tanto.
In sostanza si vince uniti o presentandosi divisi? Dipende dal sistema elettorale.
Qui nasce la paranoia della tattica elettorale, o forse meglio dire la schizofrenia. Se isolo una affermazione di un politico o una scelta di una coalizione dal contesto specifico questa perde di significato o è addirittura contraddittoria. E’ la difficoltà di Pisapia il quale mi sembra a volte confonda il contesto di cui parla (nazionale o regionale?), è la difficoltà di tutto il centro sinistra che continuamente si sgretola ma che, se vuol vincere, deve trovare dei modi per aggregarsi che necessariamente saranno diversi in Sicilia e a livello nazionale.
Temo che questa distinzione di cui ho parlato non sia sempre presente nelle analisi di molti giornalisti e commentatori. Addirittura, alcuni commentatori che ne hanno una sicura consapevolezza, utilizzano queste diverse prospettive per confondere gli elettori e convincerli del fatto che i politici sono paranoici o rancorosi o mafiosetti.
La giusta richiesta di Mattarella di avere leggi elettorali coerenti tra Camera e Senato dovrebbe essere estesa a tutto il sistema delle istituzioni rappresentative sul territorio. Forse criteri omogenei e stringenti dovrebbero essere previsti in Costituzione per rendere il sistema delle autonomie meno differenziato dall’istanza nazionale.
Nel sistema politico delle rappresentanze ora ci sono almeno tre giocatori principali e molti altre forze variamente consolidate e differenziate sul territorio. Il rischio che si possa stabilizzare nel tempo una specie di pelle di leopardo che ogni due o tre anni cambia chiazze e colore renderà sistematico il rimpallo delle responsabilità, nessun progetto pluriennale sarà portato a termine né localmente né centralmente (basta pensare alla TAV), lo stallo permarrà perché si consoliderà la frantumazione, lo sgretolamento. Se la Sicilia è un caso a sé, allora ogni piccolo comune è un caso a sé, ogni regione e ogni amministrazione smonterà quello che ha fatto la precedente perché la delegittimazione dell’avversario sarà sistematica.
Categorie:Legge elettorale, Politica
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