In questa serie estiva di post, scritti per recuperare il mio mese di silenzio, una menzione del green pass e del vaccino è doverosa.

Innanzitutto dobbiamo ammettere che abbiamo goduto di un periodo molto più sereno di quello corrispondente di un anno fa, un anno fa il vaccino era un sogno ora è una realtà a disposizione di tutti gratuitamente. Ai primi di luglio tutti nella mia famiglia, tranne i piccolini, erano vaccinati, lentamente abbiamo avuto consapevolezza delle nuove opportunità riservata ai vaccinati e abbiamo percepito la nostra vita in modo più rilassato e sereno. Naturalmente i media e gli apocalittici sui social continuavano nella predicazione allarmistica, alcuni cercando così di smuovere quella parte non esigua di cittadini che aveva dubbi e paure più per il vaccino che per l’epidemia.
Ormai la leva della paura era però inefficace e la richiesta di nuove vaccinazioni da parte dei cittadini stava rallentando ovunque alla vista dei miglioramenti delle statistiche. Allora si scelse la leva dell’incentivo sotto varie forme, la più efficace fu il lancio del green pass come lasciapassare per accedere ad una serie di opportunità sociali fino ad allora interdette dalle norme del distanziamento anticontagio in primis l’accesso al ristorante al chiuso. Il green pass era un incentivo, un premio ma il mondo no-vax fu così abile da farlo percepire come una costrizione, una riduzione della libertà individuale di un sistema politico dispotico. Sì, perché i renitenti pretendevano di restare protetti dalla privacy ed avere come gli altri la libertà di accesso a qualsiasi contesto sociale che si stava aprendo. Piccole proteste di pochi imbecilli irriducibili furono presentate dai media e dalla TV di Stato come un pericoloso movimento politico molto diffuso e numeroso. I ristoratori, o meglio alcuni ristoratori, continuarono la loro lagna senza capire che quella era l’occasione per ricominciare a lavorare. Orde di avvocaticchi azzeccagarbugli ricamarono casistiche complicate sempre e comunque in difesa della sacrosanta privacy intorno ad una operazione semplice per il cittadino ed estremamente efficiente rispetto alle tecnologia già largamente disponibili .
Si arrivò quindi a presentare una opportunità premiale come un obbligo di legge da imporre a tutti i cittadini scambiando il vaccino (per il quale può avere un senso prevedere l’obbligo) con il green pass che, come il passaporto, non necessariamente deve diventare obbligatorio per tutti.
La stessa discussione sulla scuola è stata inquinata da questo scambio nominalistico: si può e si dovrebbe decidere che tutto il personale e tutti i giovani, se non hanno impedimenti medici, debbano vaccinarsi e allora il controllo andrebbe fatto una sola volta all’inizio dell’anno scolastico, in caso negativo si resta a casa senza lezioni o senza stipendio. Se questo non si può o non si vuole fare, discutere sull’obbligo del green pass fa solo ridere: ogni giorno dovrebbe essere controllato il certificato perché i non vaccinati potrebbero ottenere il green pass rinnovato volta a volta ed entrare a scuola con un tampone periodico molto frequente.
Ma tu caro Bolletta cosa faresti?
Intanto starei attento a non confondere l’obbligo vaccinale con il possesso del green pass. Come il passaporto per l’espatrio, il green pass deve servire solo in contesti limitati e premianti come i ristoranti, i cinema, i teatri, le piscine, le palestre tutti luoghi in cui il cittadino sceglie di andare liberamente se lo desidera. Per il resto rimarrebbero solo le norme già in vigore ovunque per il distanziamento, anche per la scuola o i luoghi di lavoro o le mense aziendali, luoghi in cui occorre andare per lavorare o studiare.
La richiesta sindacale di una legge che obblighi a vaccinarsi è una stupida provocazione lanciata per indebolire un governo che non ha alternative immediate. Ovviamente questa maggioranza parlamentare sull’obbligo vaccinale è spaccata e una legge non passa o potrebbe passare con tempi troppo lunghi per i tempi della quarta ondata.
Se riflettessimo meglio, a questo punto se la smettessimo di preoccuparci dei no vax, scopriremmo che almeno il 70% della popolazione è protetto quindi al massimo rischia un indisposizione di qualche giorno ma non ha bisogno di terapie costose e non rischia la morte se non per altre patologie concorrenti. Quelli a rischio sono i non vaccinati i quali se vogliono accedere a contesti assembrati rischiano in proprio se non rispettano le norme, se non portano la mascherina o se si avvicinano troppo a troppe persone.
Come incrementare il numero dei vaccinati senza usare la forza pubblica? è semplice: prevedere un ticket di 1000 euro per i non vaccinati che necessitano di cure ospedaliere. Vedreste come si allungherebbero le file per farsi vaccinare.
Qualcuno mi dirà, per difendere l’idea dell’obbligo vaccinale, che i non vaccinati sono un pericolo perché formano un popolazione in cui il virus circolando e riproducendosi potrebbe variare. Vero, meglio che tutti siano vaccinati ma questo pericolo proviene anche dai paesi in cui la vaccinazione di massa non è stata realizzata e non è pensabile di richiudere le frontiere. Occorrerà quarantena e vaccino obbligatorio per tutti coloro che provengono da paesi a rischio e non sono coperti dal vaccino.
Per cui smettiamo di preoccuparci dei no-vax, lasciamoli liberi.
Tutti, vaccinati e non vaccinati, rispettino il distanziamento e la mascherina dove è previsto per frenare l’epidemia. Aspettiamo che il virus proceda vaccinando naturalmente i non vaccinati, una piccola parte morirà, la gran parte diventerà immune finché non si arriva naturalemente alla immunità di gregge.
Intanto prenotiamo la terza dose da fare non appena il numero dei già vaccinati infettati e malati cresce oltre una certa soglia poiché la protezione si sta esaurendo: è quello che sta prevedendo il ministro Speranza parlando dei soggetti deboli, si ricomincerà con la stessa sequenza, i più anziani, i sanitari, i docenti, le forze dell’ordine, l’esercito ….
Scusate mi sono lasciato prendere dalla polemica e ho detto poco del mio green pass. L’ho usato sinora solo due volte, una in un ristorante al chiuso e lì valeva la pena perché nonostante fossimo in montagna all’esterno faceva troppo caldo mentre nella sala interna con vista sulla valle si stava benissimo, la seconda in una chiesa romanica per la presentazione di un libro. Nel secondo caso non sarebbe stato necessario poiché il distanziamento all’interno della chiesa era quello osservato nelle messe, per le quali il green pass non è richiesto, ma gli organizzatori hanno preferito prevederne l’uso perché a loro dire i cittadini vanno educati all’uso di questo strumento. Avevano proprio ragione perché la maggior parte di noi hanno avuto difficoltà a trovare e esibire il QR ma alla fine tutti ci siamo riusciti ed eravamo molto fieri del risultato.
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