Il dibattito sulla buona scuola: la carriera

Da pag. 41 a pag. 58 del testo governativo.

Ricordo che questi sono commenti a caldo di un gufo brontolone con qualche pregiudizio ma con una quarantina d’anni di servizio attivo nella scuola che non si rassegna ad essere rottamato.

Il capitolo 2 riguarda la questione della carriera degli insegnanti. In breve, l’ipotesi del governo è di abolire gli scatti di anzianità sostituendoli con scatti triennali da assegnare solo al 66% migliore. In pratica ogni 3 anni dovrebbe essere stilata una specie di graduatoria di merito per identificare chi avrà lo stipendio aumentato e chi no. Ogni tre anni temo che il clima interno alle scuole diventerà incandescente, tutti lì a discutere perché Tizio si trova tra gli eletti e Caio no. Nessun contenzioso nel paese degli azzeccagarbugli? Già questa semplice osservazione relativa alla fattibilità e gestibilità pratica di questo sistema dovrebbe chiudere la faccenda dicendo che chi ha scritto questo testo non ha mai diretto una scuola né tantomeno ne ha vissuto gli umori.¹

In effetti il documento elenca gli ambiti che qualificheranno un buon docente arrivando all’idea di un portfolio, un archivio, forse elettronico … forse INDIRE?, ove accumulare informazioni sull’attività qualificante di ogni singolo docente. Bella idea, salvo che una cosa è raccogliere dati e certificati ed altra è valutare e costruire graduatorie di merito che si traducono in soldini. C’è ad esempio il problema di comparazione di docenti di discipline diverse, come pesano i titoli di un docente di educazione motoria con uno di lettere classiche o con uno di cucina o con uno di fisica?

Ma perché innescare questo meccanismo competitivo a livello salariale? Perché il governo pensa che sia il principale motore per scuotere la categoria e per costringerla a migliorare la propria qualità, la propria preparazione,  a lavorare di più e meglio. Insomma si pensa che per gli insegnanti i soldi siano una buona motivazione. Chi ha scritto il documento non conosce gli insegnanti. Non solo, non conosce la storia recente della scuola italiana.

Da tempo sono stati inseriti meccanismi di incentivazione economica, di differenziazione della carriera, di valorizzazione delle differenze. L’esperienza sul campo ha dimostrato che non sono questi gli incentivi giusti, che gli insegnanti parlano un altro linguaggio.

Quando ero preside di un alberghiero ci capitava spesso di organizzare conto terzi dei banchetti, dei ricevimenti che consentivano alla scuola non solo di realizzare veri contesti di lavoro formativo per i ragazzi, vere esercitazioni didattiche a costo zero, ma anche di lucrare quei piccoli rimborsi spese che consentivano di acquistare stoviglie e supporti per la didattica e di arricchire seppur modestamente i compensi ai docenti e agli ATA che collaboravano. C’era un docente di cucina molto bravo che si dimostrava poco disponibile a collaborare, gli chiesi allora come mai. Guardi se non c’è nessuno e lei mi chiede di farlo io sono disponibile ma in generale la cosa non mi interessa, se il problema fossero i soldi allora continuavo a fare il cuoco, ho scelto di insegnare per fare una vita diversa. Qualche renziano direbbe che si trattava di una persona indolente, io penso che si tratta di una persona con una sistema di valori diverso, infatti è un ottimo insegnante con un rapporto pedagogico unico con i propri ragazzi, il quale però nella nuova ottica efficientista di questo documento sarebbe relegato forse nel 34% inferiore.

Un aspetto fondamentale di questa nuova organizzazione della carriera del docente è la formazione continua, lo sviluppo professionale. Qui sono riassunti e giustapposti un po’ tutti i discorsi che sull’argomento sono stati fatti in questi ultimi anni. Sembra ad una attenta ma malevola lettura del testo che sotto ci sia ancora la manina di tutti coloro che in questo trentennio hanno creato il garbuglio in cui ci troviamo, ma ora sono vestiti di nuovo con la marsina renziana. Nulla di nuovo, nessuna analisi delle esperienze passate, nessuna puntualizzazione sulla fattibilità e sulla sostenibilità della proposta. D’altra parte uno dei difetti di questo documento è che ne discutiamo per arrivare probabilmente a una legge delega che dovrà produrre dei decreti che dovranno tradursi in regolamenti e circolari, è a questo livello che si dovrà discutere dei dettagli che qui ora vengono evocati come innovazioni epocali. Vecchie e conosciutissime idee.

Ma allora tu caro Bolletta che faresti?

Niente, proprio niente se non ho chiarito meglio che scuola voglio. Per che cosa si dovrebbero aggiornare? solo per gli aumenti di stipendio? Solo da una radicale e chiara revisione, da una vera riforma nasce l’esigenza di un intervento formativo di massa sugli attuale addetti.

Per avere invece semplicemente della gente colta, aggiornata, sensibile, curiosa basterebbe pagarla un po’ meglio², ad esempio basterebbe che i docenti potessero scalare della dichiarazione dei redditi il costo dei libri come si fa con le medicine, basterebbe offrire proposte di qualità, niente pillole del sapere, ma occasioni che i docenti sono dispostissimi a pagare da soli. In questi giorni decine di giovani docenti di tutt’Italia sono in Umbria a studiare, discutere e programmare intorno alla didattica delle matematica ispirata da Emma Castelnuovo. Tutto a proprie spese con la benevola comprensione del dirigente che li ha esentati da qualche riunione di programmazione della propria scuola.

Aumenterei il fondo di istituto, ricordo benissimo la scocciatura della contrattazione d’istituto, tuttavia era l’unico contesto formale e verificabile in cui la progettualità della scuola veniva messa alla prova ed in cui i singoli o i gruppi che intendevano fare di più e meglio si esponevano di fronte al collegio cercandone quella approvazione che si traduceva poi in risorse attraverso la contrattazione sindacale.

Abolirei il test oggettivo preselettivo nel concorso a dirigente scolastico e a dirigente tecnico. Nel concorso che feci io nel 2007 la preselezione veniva fatta sulla base di una graduatoria di merito e di servizio che, guarda caso, seguiva lo schema ora previsto per il portfolio dei docenti. Poteva essere perfezionata ma non ho capito perché è stata abbandonata. Le carriere da dirigente e da ispettore devono essere una prospettiva possibile per un docente più ambizioso e motivato e le prove di selezione devono incentivare proprio la qualità e l’impegno prestato lungo il corso della carriera. Insomma non si può parlare di carriere dei docenti senza dire una parola sul sistema di reclutamento della dirigenza scolastica.

Lascerei da parte il concetto di competizione ma adotterei quello di emulazione: la scuola deve diventare un contesto in cui si cresce tutti insieme, ci si aiuta, si scopre insieme, si condivide la sconfitta e il premio, si vive bene in pienezza. Una comunità di pari in cui il dirigente non giudica ma valorizza e crea per ognuno il giusto contesto per dare il meglio di se stessi. Un comunità in cui il renzismo sarebbe una malapianta da estirpare. Ma questo non si può decidere per legge.

1) Aggiungo che forse il documento renziano non ha chiaro che molte delle cose previste sono oggetto esclusivo di contrattazione sindacale, protetto da una riserva costituzionale. Errore ingenuo se non ricordo male della riforma Moratti che fu bloccata perché non era attuabile se non dopo un contratto sindacale. Stesso vizio nella 150 di Brunetta in cui il tentativo di escludere i sindacati dalla gestione del rapporto di lavoro e dalla valutazione ha imbalsamato l’operazione che somigliava a quella di Renzi rendendola inefficace.

2) Idea banale dimostrata empiricamente in un bell’articolo che si trova Linkinchiesta

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Categorie:Cultura e scuola, Valutazione

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